Elena Nieves e Turi Avola. Horror vacui
Elena Nieves e Turi Avola. Horror vacui, Liberarti, Trieste
Elena Nieves lavora col bianco. Anche se disegna con china su diverse superfici traslucide, il suo vero lavoro è nelle profondità del bianco, negli interstizi e negli strati dove si proiettano le ombre dei tratti neri: piccole orme di un qualche insetto che sembra disegnare paesaggi di montagna, fitti di vegetazione, fiumi, silenzi di neve (forse è solo un caso il suo cognome?). Queste orme, più che semplice tratto, diventano vera e propria scrittura, quasi poesia, musica. I vuoti echeggiano i silenzi: l’avvicinarsi o meno dei segni innesca la magia, la scintilla tra due parole che sembrino accostarsi per la prima volta. Eppure, in questi paesaggi di nevi immutabili che ricordano l’assenza di tempo di certe stampe orientali, in questi paesaggi si intuisce una presenza, seppure sfuggente a lasciarsi collocare: più in qua, verso di noi, oppure oltre, di là del quadro, sembra nascondersi qualcuno. Ne percepiamo solo la familiarità indefinita, ma già questo ci conforta, ci fa compagnia.
Turi Avola percorre un’altra direzione. Dal buio degli scenari concepiti attorno ad ogni sua modella, il fotografo emerge col racconto onirico e simbolico dell’esistenza.
Protagonista è il soggetto femminile, il corpo portatore di luce e di ombre, di una storia, un passato spesso intrecciato nel dolore. Ed è questo stesso corpo a raccontarsi; la sua voce sono le cose: una bambola, un piatto, una pelliccia, delle forbici. Le cose riempiono il vuoto e, nel contempo, l’esasperano. Staccati dallo sfondo, i corpi faticosamente guadagnano luce, quel poco che basta loro per non venir risucchiati dall’oscurità, ma così hanno già conquistata una forma, e con essa, innegabile, la vita, e con la vita, inseparabile, la lotta: tra il pieno e il vuoto, tra l’assenza e la presenza, tra il coraggio e la rassegnazione. E queste donne sembrano trafitte.
Assieme a tutti gli altri artisti, Elena e Turi ci aiutano a pensare il vuoto attraverso due delle estetiche che più ne rendono conto: quella minimalista, che nell’equilibrio del nulla trova la ricchezza dei significati, e quella barocca che, al contrario, riempie esuberante lo spazio per colmare ogni lacuna altrimenti percepita come mancanza di senso.
Due modi di vivere, e di considerare il vuoto, che ci spingono a vincerne un po’ la paura.
María Sánchez Puyade
Artisti permanenti: Daniel Herce (Argentina), Bea Fresno (Argentina), Frederik Jan Van den Berg (Paesi Bassi), Ana Cevallos (Ecuador), Bojana Atljia (Serbia), Ivana Ivkovi? (Serbia), Bojana Nikodijevi? (Serbia), Irina Werning (Argentina), Daria Endresen (Norvegia), Pablo Gazal (Argentina), Sarah Saudek (Repubblica Ceca), Marco Rea (Italia), Marco Bevilacqua (Italia), Giulio Rigoni (Italia), Hadeel Azeez (Irak).
Info
Data: dal 26 Luglio 2014 al 21 Settembre 2014
Luogo: Liberarti
A cura di: María Sánchez Puyade
Indirizzo: Trieste - piazza Barbacan 1/a
Telefono: +39 377 9421736
Email: info@emporioliberarti.it