L’età dell’oro di Aquileia: tra la Basilica paleocristiana e il Museo, scrigno di capolavori
Il principale documento della nascita e dello sviluppo della nuova civiltà è la Basilica, un luogo unico dove la storia si è depositata in strati sovrapposti.
Nel IV secolo, Aquileia vive uno dei suoi momenti di massimo splendore: architetture, iscrizioni, affreschi e mosaici di pregio ne tramandano la memoria in uno dei siti paleocristiani più interessanti ed estesi giunti fino a noi. Il principale documento della nascita e dello sviluppo della nuova civiltà è la Basilica, un luogo unico dove la storia si è cristallizzata in strati sovrapposti.
Il suo primo nucleo sorge già all’indomani dell’Editto di Milano, lo storico provvedimento del 313 con il quale l’imperatore Costantino assicura ai cristiani la libertà di culto. Le dimensioni ridotte e la posizione marginale dell’edificio, al quale si accedeva da una strada nascosta a ridosso delle mura, testimoniano l’isolamento dei primi fedeli rispetto alla vivace società di Aquileia romana.
Ciò nonostante la Basilica è un autentico gioiello: articolata in due aule parallele collegate da un corridoio, sorprende per lo spettacolare pavimento mosaicato dell’aula meridionale, che con un’estensione di 760 metri quadrati è il più vasto dell’Occidente romano.
Nel presbiterio della sala meridionale un mare pieno di pesci ricorda la storia del profeta Giona: è solo una parte di un complesso racconto per immagini che traccia la strada verso la salvezza eterna. Ben in evidenza, un’iscrizione celebra il vescovo Teodoro, al quale si deve la costruzione della Basilica.
Le sorprese continuano nella cosiddetta Cripta degli Scavi, proprio sotto il Campanile. Qui poco prima della Grande Guerra furono ritrovati i mosaici dell’aula Nord, dove figure di uccelli, lepri e capre intente al salto, cavalli alati, aragoste e tartarughe fanno capolino tra decori geometrici e vegetali, in una ricca trama di allegorie. Della prima Basilica si conservano anche numerosi affreschi visibili nella parte bassa delle pareti: si tratta di uno dei più estesi cicli di pitture murali ritrovati in un luogo di culto paleocristiano.
A meno di cinquant’anni dall’impresa di Teodoro, la situazione cambia radicalmente ad Aquileia: il numero dei cristiani cresce a vista d’occhio e le aule della chiesa si rivelano inadeguate alle esigenze di una comunità sempre più numerosa. Una nuova, grande Basilica sorgerà già a metà del IV secolo, questa volta perfettamente integrata nel tessuto urbano grazie a un ampio quadriportico aperto sulla città.
Per dare il benvenuto ai fedeli che si convertono in massa, viene costruito all’inizio del V secolo un Battistero monumentale, teatro di uno dei momenti più solenni dell’anno cristiano. Ai lati del monumento di forma esagonale, due ampie sale accolgono i catecumeni: si tratta della Nordhalle (sala Nord) e della Südhalle (sala Sud), così denominate dagli archeologi austriaci che le scoprirono sul finire dell’Ottocento.
Si trova qui un altro dei tesori dell’Aquileia cristiana, uno splendido pavimento a mosaico decorato da elaborati motivi geometrici e animali. Tra le scene da non lasciarsi sfuggire figura il celebre mosaico del pavone, proveniente dal vicino nartece della basilica: tessere in pasta di vetro nei toni del blu e dell’ocra, del bruno e del verde riproducono sapientemente forme, ombre e volumi, dando forma al volatile emblema di immortalità. Sembra che un tempo le piume della sua coda orgogliosamente dispiegata fossero ricoperte da sottilissime lamine d’oro, simbolo della luce divina. Sebbene sia stato scoperto più di centoventi anni fa, il mosaico della Südhalle è visitabile solo dal 2011 in un suggestivo allestimento di concezione contemporanea.
Sempre nell’area della Basilica, il scenografico, recente allestimento della Domus e Palazzo Episcopale, aperto nel 2017, permette di ammirare l’antica residenza dei vescovi di Aquileia. Al di sopra di una casa romana di età augustea, si distinguono su due livelli sovrapposti la splendida sala absidata di una Domus del IV secolo e i resti del sontuoso Palazzo Episcopale del V secolo, entrambi ornati da mosaici.
Originariamente il soffitto e le pareti della Domus erano coperti di affreschi, che oggi possiamo immaginare grazie ai numerosi frammenti portati alla luce durante recenti campagne di scavo. Tralci e foglie di vite, grappoli d’uva e uccelli dipinti su fondo rosso si arrampicavano fino alla volta dell’abside, l’ambiente più elegante della casa che con ogni probabilità era destinato a ospitare banchetti e ricevimenti. Nella Domus come nel Palazzo Episcopale, la ricchezza delle architetture e delle decorazioni testimonia il prestigio e il potere raggiunti in questo periodo dai vescovi di Aquileia.
Punto di arrivo del nostro viaggio è il Museo Paleocristiano, una tappa imprescindibile per avere un’idea dell’Aquileia delle origini. Qui l’idea di museo e quella di area archeologica si incontrano in una simbiosi perfetta. Se anticamente l’edificio faceva parte della Basilica, nel Medioevo divenne un monastero benedettino, per poi essere convertito in residenza privata, cantina e magazzino agricolo.
Il passato è ancora ben visibile nelle sue architetture: insieme ai reperti venuti alla luce nei diversi siti di Aquileia, possiamo osservare alcuni mosaici della Basilica paleocristiana integrati nella pavimentazione delle sale. Arte e vita quotidiana della città tardo antica si svelano sala dopo sala, mentre un’interessante collezione di iscrizioni riporta in vita personaggi ed eventi di allora, come sulle pagine di un giornale.
Incontriamo Restutus, venuto dall’Africa apposta per vedere Aquileia, e i cittadini che “sponsorizzarono” i pavimenti della Basilica Paleocristiana di Monastero: una colorita galleria di individui provenienti dal Nord Africa e dall’Oriente, da Roma e dalla Terrasanta, che mostra quanto composita e cosmopolita fosse la popolazione della città.