Aquileia. Il “tappeto fiorito” (foto Bergomas)
Tra le pianure friulane, dove la luce cambia lentamente colore sopra le rovine,
Aquileia continua a rivelare la profondità della sua storia. Qui il passato non è mai definitivamente sepolto: riaffiora, intatto, quando il presente apre nuovi cantieri.
È tornato alla luce in questi giorni, a pochi metri dal
Foro romano, uno dei pavimenti musivi più raffinati dell’antica città: il celebre
mosaico del “tappeto fiorito”. La riemersione è avvenuta nel giardino dell’ex caserma dei carabinieri di via Leicht, recentemente acquisita dalla
Fondazione Aquileia, durante i lavori preliminari alla ristrutturazione dell’edificio, che diventerà un campus-foresteria con 24 posti letto per studenti, docenti e studiosi impegnati negli scavi e nelle ricerche sul sito.
Il grande mosaico, esteso per circa 76 metri quadrati, è caratterizzato da un riquadro centrale decorato con una composizione floreale di straordinaria eleganza, realizzata con tessere policrome che creano un effetto quasi tessile.
Fu scoperto per la prima volta tra il 1962 e il 1963 nel corso delle indagini dirette da Luisa Bertacchi, in occasione della costruzione della caserma. L’eccezionalità del ritrovamento impose allora l’arretramento dell’edificio rispetto al progetto originario. Al termine degli scavi il pavimento venne ricoperto, rimanendo protetto per oltre sessant’anni.
La riscoperta recente ha restituito una superficie musiva in condizioni sorprendenti, aprendo nuove prospettive interpretative. Il
direttore della Fondazione Aquileia, Cristiano Tiussi, sottolinea come il mosaico non possa essere letto come un episodio isolato, ma come parte di un sistema residenziale più ampio: «È fondamentale ricongiungerlo ai
Fondi Cassis e alla
domus dei Putti Danzanti». La demolizione del muretto che oggi separa l’ex caserma dall’area scavata dall’Università di Trieste permetterà infatti di verificare se ci si trovi di fronte a un’unica, vasta residenza appartenuta a un ricco aquileiese del IV secolo.
Proprio le indagini condotte in questi giorni hanno evidenziato la quota insolitamente elevata del pavimento, elemento che rafforza l’ipotesi di una datazione più tarda, già intuita dalla professoressa Fontana, storica direttrice dello scavo sui fondi Cassis. Parallelamente al recupero dell’edificio, la Fondazione sta lavorando con la
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il FVG a un progetto di copertura che consentirà presto al pubblico di ammirare il mosaico nel luogo in cui è rimasto nascosto per decenni.
Ad Aquileia, ancora una volta, un pavimento diventa racconto: non solo di gusto e ricchezza, ma di una città che continua a ricomporsi, tessera dopo tessera.