AQUILEIA

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ

venerdì 22 novembre 2024

Intervista all’archeologo Luca Villa

Attila, il distruttore? Chissà. Ad Aquileia la storia torna sui suoi passi

452 | Attila conquista la città
Il 18 luglio, alla fine di un lungo assedio, Aquileia viene presa dagli Unni, in marcia verso Roma | Ferdinand-Victor-Eugène Delacroix, Attila e le sue orde invadono l'Italia e le arti, Dettaglio, 1843-1847, Olio e cera vergine su gesso, Parigi, Palais Bourbon, Assemblea Nazionale di Francia
Francesca Grego - 13/08/2021
È un giorno d’estate ad Aquileia. Una cicogna si allontana da una torre con i suoi piccoli, abbandonando il nido sulle mura di cinta. è un segno, o almeno così lo interpreta Attila, che da tre anni tiene la città sotto assedio con il suo esercito. L’ultimo attacco degli Unni non perdona: per Aquileia è la fine. L’impressionante racconto degli storici antichi non lascia dubbi e nei secoli successivi numerose leggende fioriranno intorno al sacco della prospera città romana, mentre cresce la fama demoniaca di Attila, il “flagello di Dio”. 
È tutto vero? Se il codice di Mersburg riduce l’assedio a tre giorni, ancora all’inizio del Novecento nei contratti di vendita dei terreni aquileiesi una clausola riserva al venditore i diritti sull’eventuale ritrovamento di un pozzo, dove gli antichi abitanti della città avrebbero nascosto i loro tesori prima di fuggire dall’assedio unno. 

Quanto sale sparsero gli uomini di Attila sul territorio di Aquileia perché potesse davvero dirsi distrutta? Forse troppo poco, o forse non era quella la loro intenzione. L’avventura della città era destinata a proseguire e le testimonianze che lo confermano sono incontrovertibili. 
Facciamo perciò un passo indietro e ripercorriamo questa storia insieme all’archeologo Luca Villa, da anni impegnato sul campo in un sito che non smette di riservare sorprese. 


Ritratto di Attila I Ganetto di Wikipedia, Public domain, attraverso Wikimedia Commons

“Nel 452, e precisamente il 18 luglio stando a una fonte antica, Attila conquista la città romana di Aquileia dopo un duro assedio”, racconta Villa. “Gli storici antichi parlano di distruzione totale. Uno di loro scrive senza mezzi termini: ‘Aquileia fracta est’. Secondo la storiografia tradizionale, quindi, l’arrivo degli Unni avrebbe cambiato radicalmente il destino della città. In realtà dalle ricerche archeologiche degli ultimi anni emerge una storia diversa. Ad Aquileia la vita continua dopo la metà del V secolo, anche nelle zone che si pensava fossero state abbandonate in seguito alle devastazioni di Attila. La città mantiene la sua funzione di nodo commerciale e continua a essere un approdo privilegiato per alcune merci che circolano nel Mediterraneo. Certo, non è più il grande porto di qualche secolo prima, ma conserva una sua vitalità”.

Quali scoperte vi hanno portati a questa conclusione?
“Fino all’inizio degli anni Duemila, si è pensato che dopo l’assedio di Attila la parte settentrionale di Aquileia fosse stata abbandonata e che la vita della città fosse rimasta compressa nella sola area meridionale. In realtà questo è accaduto molto più tardi, in epoca bizantina. Molti dati raccontano che dopo il passaggio di Attila l’area urbana ha continuato a essere definita dalle ampie mura tardo antiche. Personalmente, già nel 2004 avevo notato nel settore settentrionale della città tracce di vita successive all’arrivo degli Unni. Altre importanti testimonianze riguardano il Foro, la piazza centrale dell’abitato romano. Alcuni decenni fa, nelle botteghe posizionate intorno al Foro sono stati ritrovati resti di granaglie e monete che portavano i segni di un incendio. Subito tutto questo fu ricondotto all’attacco attilano. In seguito, grazie alla datazione delle monete, ci si è resi conto che l’incendio risaliva a un periodo posteriore e che quindi le botteghe erano rimaste in uso anche dopo l’assedio di Attila”. 

Alla luce di tutto ciò, su quali basi poggia l’immagine diffusa di Attila distruttore e flagello di Dio?
“La fama degli Unni come un popolo terribile, quasi disumano, era presente nel mondo romano già prima che Attila si affacciasse sul palcoscenico dell’Impero. Nel IV secolo lo storico Ammiano Marcellino parla di creature fisicamente simili a delle belve, provenienti da territori sconosciuti oltre il Mar Nero e vicini a un’oceano cinto di ghiacci, la cui ferocia e brama di saccheggiare oltrepassava ogni limite. Il racconto dell’invasione di Attila si è innestato su questa immagine, producendo interpretazioni e leggende che hanno fatto del suo popolo uno dei più temuti dell’antichità. 
In realtà quello che Attila distrusse ad Aquileia fu il mito di una città inviolabile. Fino a quel momento Aquileia non era mai caduta per mano di un nemico, non era mai stata presa con la forza. Aveva aperto le porte ai nemici, ma nessuno l’aveva mai conquistata, nemmeno gli imperatori romani. Quello di Attila il distruttore è quindi un mito e i miti a volte fanno più rumore dei fatti storici”.


Le colonne del Foro di Aquileia | Foto: © Gianluca Baronchelli

Scagionato Attila, quali furono le vere cause del declino di Aquileia? 
“La decadenza di Aquileia fu un processo lungo e progressivo, comune a molte città romane di area padana. Quello che inizialmente era stato il suo punto di forza - cioè l’essere un crocevia tra i Balcani, l’Oriente e la penisola italiana, un avamposto strategico verso i territori dell’Est - diventa motivo di debolezza di fronte ai sommovimenti che si sviluppano all’interno dell’Impero. La maggior parte delle popolazioni che in questo periodo invadono l’Italia arrivano proprio dal fronte orientale. Così Aquileia perde la sua centralità a favore di centri meno esposti e più facilmente difendibili. Si pensa per esempio che nella seconda metà del V secolo il governatore della provincia si sia spostato nella vicina Cividale, che aveva proprio queste caratteristiche, sottraendo risorse e potere ad Aquileia”. 

 Ad Aquileia ci sono ancora dei luoghi da visitare per rivivere la storia di Attila?
“Il Foro, cuore della città romana, che Attila certamente toccò durante i saccheggi, e il Complesso Paleocristiano, uno dei tesori più splendenti di Aquileia, sul cui sviluppo l’attacco di Attila ebbe probabilmente effetti importanti. E poi il Museo Archeologico Nazionale, dove non ci sono reperti tipicamente unni, ma esistono numerose testimonianze del fatto che da tempo le popolazioni germaniche fossero di casa in città. Fibule e collari d’argento germanici raccontano di interi contingenti di soldati stranieri che venivano arruolati nell’esercito romano, un fenomeno molto comune all’epoca. Questo accadde anche con gli Unni, che di sicuro non arrivarono ad Aquileia per la prima volta al seguito di Attila. Sappiamo per esempio che un famoso generale del V secolo, Ezio, si servì degli Unni per sostenere l’usurpatore Giovanni contro il principe ereditario Valentiniano III e per combattere contro i Burgundi in Gallia”.

Quali sono gli enigmi ancora da sciogliere a proposito dell’assedio di Attila?
“Quello che dobbiamo ancora capire è quale fu il reale impatto del passaggio di Attila sull’Aquileia romana: quali edifici vennero abbandonati dopo le devastazioni e come è cambiata l’immagine della città subito dopo la conquista unna. Gli archeologi stanno già indagando su questo argomento e credo che avremo presto novità”. 


Raffaello Sanzio (1483 - 1520), Incontro di Leone Magno con Attila, 1514, Affresco, 500 x 750 cm, Città del Vaticano, Palazzo Apostolico, Stanza di Eliodoro

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